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Category: Dintorni

Ode al tatto

Avete mai provato a non usare il tatto per giorni? Non mi riferisco alla mancanza di delicatezza nei rapporti interpersonali ma ad uno dei sensi, al senso che ci mette in relazione con il mondo esterno attraverso le mani.

Da giorni, giro per casa con dei guantini bianchi (un mix tra l’omino della pubblicità della liquirizia Tabù e Michael Jackson) a causa di una dermatite acuta e sono giorni che tocco il mondo senza in realtà toccarlo. Lo strato di tessuto, tra me e tutto quello che mi circonda, falsa la percezione di oggetti e persone che credevo poter riconoscere anche ad occhi chiusi.

Senza il “mio” tatto le orchidee sul davanzale del bagno sono meno setose e delicate, la pelle di mia sorella meno morbida, le lenzuola del mio letto meno calde e confortevoli, la mollica del pane più difficile da dividere dalla crosta, è impossibile anche mandare un sms o fare una telefonata. Senza il tatto non posso impastare dolci per la colazione, fare una carezza o sentire il tepore della mano della persona che amo. Non posso avvertire il sangue che pulsa velocemente sotto la pelle al cambio repentino di temperatura tra acqua calda e fredda, non riesco a sentire la  ruvida consistenza dei colori a pastello quando cerco di sfumarli su un foglio bianco.

Solo oggi noto che, su ogni singolo polpastrello, c’è un occhio ed una bocca, un orecchio ed un naso.

Immaginate un cieco senza tatto…come comunicherebbe, come vedrebbe, come conoscerebbe?

Arbeit macht frei

Entrando a Birkenau la sensazione di desolazione è sconfinata. Una terra di nessuno più arida di qualsiasi deserto, dove la morte la respiri, la vivi, ti soffoca, diventa macabra parte della vita.

Noi, turisti in vacanza estiva, arrivammo in quel luogo non-luogo su un pullman, stracolmo di gente ancora stordita dalle enorme quantità di capelli, scarpe, occhiali, cunicoli, racconti, foto, cenere di Auschwitz. Eravamo così tanti che non c’erano posti a sedere, stretti l’uno all’altro, così vicini da diventare un’unica informe massa di gente sudata, che, incredula, si muoveva in uno dei buchi neri della Storia. Vedere fuori dal finestrino era impossibile, ma non importava, capimmo che il nostro breve viaggio era finito quando, le ruote del pullman sobbalzarono all’ incontro con le luttuose rotaie e, noi turisti in vacanza estiva, in quel preciso momento, entrammo in diretto contatto con la Storia come mai in vita nostra. Un lungo interminabile istante, un clic che ricordava delle ossa rotte, turisti in apnea storica. Ricordo ancora la sensazione sotto i piedi, un brivido incontrollato, pelle d’oca.

Arrivai a Birkenau  sotto un cielo di metà Agosto, sfrontatamente azzurro; non avevo stelle di David sul mio braccio, non avevo un numero tatuato sulla pelle, avevo ancora tutta la mia dignità di donna e di essere umano;  sapevo esattamente quando sarei uscita di li, io ero e sono una semplice turista in vacanza estiva.

Si può scegliere

Si può scegliere d’essere cicala o formica; mare o montagna; nuvola o cielo sereno; sole o pioggia.

Si può scegliere se correre verso una meta precisa o camminare godendosi il paesaggio; cantare o urlare; amare o odiare.

Si può scegliere di restare seduti o viaggiare; conoscere o ignorare; creare o imitare; rischiare o accontentarsi del certo; cambiar casa o non traslocare mai.

Si può scegliere di chiudere una porta per poi aprire un portone o chiudersi una porta alle spalle per non aprirne altre.

Si può scegliere di conservare una foto o scattarne di nuove; di donare opportunità rinunciando alle proprie priorità.

Si può scegliere di scegliere o far finta di nulla ed andare avanti dicendosi: tanto il tempo metterà tutto in ordine, consapevoli che quel tempo…forse, non arriverà.

 

 

Survivor

Ore 00.00 = è appena iniziato il tanto temuto 21 Dicembre 2012, giorno in cui, secondo Roberto Giacobbo (non è un nuovo profeta ma  solo il vicedirettore di RaiDue), finirà il mondo, in coincidenza con il termine del calendario Maya. Sono in videochiamata Bari-Bologna con L, il padre del blog. Guardiamo fuori dalla finestra. Tutto tace. In cielo nessun ufo, nessun asteroide, nessun angelo dell’Apocalisse, neanche una goccia di pioggia che preannuncia l’arrivo di un nuovo diluvio universale

Ore 09.00 = è mattina, fuori dalla finestra il mondo sembra essere uguale a ieri e da quello che leggo su Facebook e Twitter siamo ancora tutti qui, nessuno manca all’appello.

Ore 11.11 = momento tanto temuto per l’allineamento del sole con il centro galattico. Guardo fuori dalla finestra e oltre al cielo grigio e a delle orrende decorazioni natalizie, per strada non vedo nient’altro.

Ore 17.00 = pomeriggio e qui non si vede nessuno. Non scorgo da lontano nessun copricapo vintage messicano. Ho anche fatto lo shampoo per accogliere lo straniero temporale con un minimo di decoro. Mi sono detta: oh hai dei dolci natalizi da offrire ma devi renderti presentabile, tutte le puntate viste su Real Time di “Cortesie per gli ospiti” dovranno pur servire a qualosa. Non puoi presentarti con il bulbo sporco, risulteresti sciatta.

Ore 21.00 = forse non arriva più nessuno. L’atmosfera mi ricorda il termine di una festa con molti invitati e pochi reali partecipanti.

Ore 00.00 = è appena finito un banalissimo 21 Dicembre ed iniziato un “nonsoancoracomesarà” 22 Dicembre

Ironia a parte alle ore 02.25 del 22 dicembre (soffro di insonnia ebbene si), posso dire con certezza, che oggi non c‘è stata nessuna fine del mondo.

Cosa resta di questa giornata? Resta la paura ancestrale che si è impossessata di noi negli ultimi anni, convincendoci che, il 21 dicembre 2012 sarebbe successo qualcosa di apocalittico. Resta la consapevolezza che l’uomo vuole credere di poter controllare anche la morte e che l’idea di una fine collettiva lo fa sentire meno solo. Resta la presa di coscienza che ormai, la televisione (“Voyager” docet) e il cinema apocalittico americano, influenzano moltissimo l’immaginario collettivo (“The Day After tomorrow”, “Deep Impact”, “2012” sono solo alcuni dei tanti esempi). Resta la constatazione che tutta la comunità cistranese ha grandi doti nella promozione turistica del territorio. Resta infine una riflessione, forse la più storicamente triste: ancora una volta, la grande civiltà e cultura Maya è stata saccheggiata e stravolta dal conquistadores occidentale.

La leggerezza è una cosa seria

L’insostenibile leggerezza dell’essere è il titolo di uno dei libri più conosciuti di Milan Kundera.  Anni fa, decisi di leggerlo, incuriosita dal titolo. L’unione delle parole leggerezza ed essere  mi affascinava: quanto siamo leggeri? Quanto ci prendiamo sul serio?

Spesso spacciamo per “leggero” il nostro modo di essere, ci trastulliamo nel gioco del “nonmiprendotropposulserio” più per autocompiacimento ed opportunismo che per nostra vera indole. Siamo bravi a recitare la parte dell’uomo o della donna “light” quando le regole del passatempo sono le nostre, basta che qualcuno cambi le carte in tavola, ribaltando la situazione e il nostro ego, improvvisamente rivendica una serietà di convenienza. Prendiamo con profonda pesantezza, quello che fino a poco prima, spacciavamo per goliardica leggerezza. Il passatempo che, ci aveva stimolato e stuzzicato, diventa improvvisamente ed inspiegabilmente pericoloso e fonte di ansia: il nostro ruolo sociale prende il sopravvento. Peccato…ma è anche vero che la leggerezza, quella vera, è una cosa seria, non è per tutti