In Puglia, per tutto il 2012, per iniziativa popolare, attraverso diversi eventi ed i soliti banchetti nelle piazze, si sono raccolte le firme per portare in Consiglio regionale la Proposta di Legge ’50 e 50′, che avrebbe garantito la parità numerica delle candidature, in ordine alternato, in tutti gli appuntamenti elettorali. Il primo articolo obbligava i partiti a creare liste composte per il 50 per cento di uomini e il restante 50 di donne. Il secondo invece, garantiva la doppia preferenza al momento del voto.
Il 27 novembre scorso la legge è stata bocciata con voto segreto dal Consiglio regionale che, di fatto, ha ignorato le 30.000 firme raccolte.
Nel corso dei mesi, più volte ho avuto occasione di firmare l’iniziativa ma mi sono sempre rifiutata di farlo. Costringere gli elettori a votare una donna solo perché è tale non aiuta il mondo femminile a trovare la tanto agognata “parità dei sessi”. Come donna devo e voglio essere votata solo sulla base delle mie idee, del mio operato, delle mie capacità.
Le idee non hanno sesso, la capacità non ha sesso e se devo ottenere il consenso non voglio assolutamente averlo solo perchè sono donna. Non sono un panda, una specie in via di estinzione, sono un essere umano pensante e voglio giocare alla pari. Credo che la vera rivoluzione sia proprio questa: riuscire ad essere presa in considerazione per quello che sono, punto. Se continuiamo a pensare a leggi che tutelano la presenza delle donne in politica o impongono (le quote rosa) le donne in incarichi istituzionali, non stimoleremo mai una vera presa di coscienza della triste situazione femminile nell’ambito pubblico. Conosco molto bene le realtà delle amministrazioni comunali e le donne assessore sono rarissime. Quando ci sono poi, vengono poco sentite e considerate. Bene, iniziamo noi per prime ad avere un atteggiamento meno da vittima, scardiniamo dal basso determinati meccanismi ma non perchè c’è una legge che lo regola e lo impone, ma perchè abbiamo una dignità e delle capacità.