A Babbo Natale credo ancora.
Ci credo ogni volta che inizio ad abbonare l’albero di Natale; ogni volta che compaiono le luci colorate e ad intermittenza sul balcone della vicina di casa (fanno parte della categoria “Christmas kitsch” ma è la mia dose annuale di cattivo gusto a cui proprio non posso rinunciare). Ci credo quando, camminando per il centro storico, sento l’odore agrodolce delle bucce dei mandarini bruciacchiate ed ogni volta che mi avvolgo in una sciarpa fatta ai ferri da mia madre (sono sempre molto lunghe, dopo 34 anni, non si rassegna ancora all’idea di avere una figlia formato pocket).
Credo a Babbo Natale ogni volta che, la notte di Natale, nel mio letto, faccio finta di dormire.
A Babbo Natale credo anche in primavera, in estate o in autunno.
Babbo Natale viene a mettere le fresie nel portafiori sul tavolo del salotto in primavera o mi regala il sale tra i capelli d’estate. Credo a Babbo Natale quando, andando da Ba a Bo, scopro che l’autunno esiste ancora ed è fatto di gialli, rossi, arancioni e foglie che cadono come in un film d’autore francese, uno di quelli lunghi e senza molti dialoghi, dove si fa un sapiente uso dell’effetto “vento cinematografico”.
Quando mi viene chiesto: come hai scoperto che Babbo Natale non esiste? Vorrei tanto rispondere che ricordo benissimo quel momento, come ricorderò per sempre dov’ero e cosa facevo (scusate il paragone un po’azzardato) il giorno dell’attentato alle Torri Gemelle; la notte in cui, nel 2006, l’Italia vinse i Mondiali e il cielo era “più azzurro sopra Berlino” o quando è stata votata la decadenza di Berlusconi. Tutti ricordiamo dove eravamo, cosa facevamo e con chi eravamo. Tuttavia, ogni volta, nel momento in cui sto per rispondere, Babbo Natale torna…e mi ritrovo a dire: Babbo Natale esiste!