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Tag Archives: figli

Se la “sdraiata” fossi io?

Stanotte ho finito di leggere “Gli sdraiati” di Michele Serra. Senza molte difficoltà, in pochi giorni, sono arrivata alla fine del libro.

Non sono ancora genitore e non ho un’età così lontana dall’adolescenza che mi fa dire con serenità “eh ai miei tempi!”; eppure più mi addentravo nella lettura e leggevo delle difficoltà di MicheleSerraPadre, più mi sentivo empaticamente vicina a lui.

Mi sono chiesta “perché?”: perché mi sentivo lontana dal figlio e vicina al padre. Ho ripercorso con la mente i quindici giorni trascorsi a scuola come Prof; ho ricordato le lunghe chiacchierate con mia cugina, quasi diciottenne; ho ripensato a tutte le volte che, per strada, incrociando la “generazione degli sdraiati”, dico “eh ma noi non eravamo così, avevamo degli stimoli, parlavamo con le persone guardandole negli occhi e non attraverso una chat e per incontrar gente non andavamo su Facebook”. Mi sono scoperta genitrice di pensieri qualunquisti e stereotipati, gli stessi pensieri che spesso condanno e dai quali cerco di tenermi lontana.

Allora cosa mi è successo?

Pian piano che andavo avanti con la lettura e mi avvicinavo alla fine del libro, ho capito che i veri “sdraiati”, i veri immobili, siamo noi: fermi nel tentativo di entrare in contatto con un’età che non ci appartiene più. Noi “vecchi sdraiati”, veniamo presi dall’ansia di dover trasmettere, comunicare, trasferire, parlare, far apprendere la “bellezza del mondo”, “la bellezza della vita”, “la bellezza delle cose che ci circondano”, “la bellezza della realtà reale”. Oggi forse, più dei nostri genitori, noi trentenni e qurantenni, temiamo che la miriade di sensazioni e di esperienze vengano inghiottite dal  virtuale. Temiamo di lasciare in eredità il nulla, senza lasciare traccia; cerchiamo conferme del contrario da chi ci fa da specchio con il futuro, senza renderci conto però, che la crescita, per tutte le generazioni, è proprio dietro l’angolo, dobbiamo solo aspettare pazientemente che faccia il suo percorso e arrivi.

Se la responsabilità fosse delle donne?

Se fossimo proprio noi donne ad aver creato il vuoto nelle pari opportunità?

Noi mamme, figlie, sorelle, zie, nonne, compagne, amiche, fidanzate, mogli,  dovremmo essere in prima linea nell’educazione alla cultura degli “stessi diritti”.

Dovremmo spiegare ai bambini che le donne che incontreranno nella loro vita, non sono nemiche; alle bimbe dovremmo spiegare che uno schiaffo, sul volto o all’anima, non è una forma d’amore ma è violenza pura e gratuita.

Dovremmo far capire ai bambini che la bellezza non è necessariamente sinonimo di “leggerezza” o non rende una donna “facile”. Le bambine invece, sin da subito, dovrebbero comprendere il sano valore di curare il proprio aspetto senza trascurare il fascino della cultura. L’incanto femminile è dato solo dall’unione del corpo e della mente.

Dovremmo prendere l’abitudine di raccontare ai bambini, come “favole  della buonanotte”, le vite degli uomini e delle donne che hanno reso speciale la nostra Storia. Dovremmo far in modo che sin da piccoli, i sogni dei bambini, siano popolati di cavalieri meno azzurri e più colorati e principesse non sempre rinchiuse in torri alte e isolate, con lunghe trecce bionde…i capelli ogni tanto devono essere tagliati e i cavalli bianchi lasciati.

Quando si cresce?

Un bambino crede d’essere grande quando può guardare la tv fino a tardi o quando non deve più mettersi in punta di piedi per aprire la porta della sua camera. Un adolescente pensa d’essere grande quando compie 18 anni, può guidare la macchina e le ragazze possono mettere il rimmel senza nascondersi da mamma e papà. Gli adulti invece quando pensano d’essere grandi?

Forse gli adulti si ritengono grandi quando hanno un lavoro, diventano genitori o compare un 3 o un 4 come cifra iniziale dell’età.

Ho 33 anni, quasi 34 a dir la verità e non credo d’essere grande. Non ho un lavoro che mi permette d’essere autonoma, non sono mamma. Non sono grande perché, solo ora, piano e con non poco dolore, ho iniziato il mio processo di crescita. Metabolizzo le perdite accumulate, i punti di riferimento mutati, i nonni che non ci sono più ed i genitori che improvvisamente diventano come figli. Gli spazi fisici cambiano, le strade familiari diventano rare da percorrere ed i profumi che hanno educato il mio olfatto sono ormai rari ricordi. La geografia di vita che per anni ho creduto immutabile, improvvisamente sta cambiando, aldilà della mia volontà, aldilà di me.