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Tag Archives: sorellanongemella

Rossetto e cioccolato

Lo ammetto, ho ceduto anch’io alle tentazioni della moda e da qualche mese sono passata dal “vadobenecontutto” gloss nature ad un più impegnativo rossetto rosso fuoco.

Nella scelta però, ho sottovalutato le conseguenze della moda.

Quando acquisti un rossetto rosso fuoco, non c’è il bugiardino del make up, che ti avvisa su cosa si deve o non deve fare; non c’è neanche una Clio a portata di mano che ti insegna i trucchi per i trucchi. Non c’è nulla di tutto ciò.

Quando acquisti un rossetto rosso fuoco, ti ritrovi sola davanti allo specchio ed è li che inizia la lotta: l’effetto Joker è sempre dietro l’angolo. Dimenticate le bocche perfettamente disegnate delle riviste di moda; Vanity Fair è un mondo fatto di labbra carnose e rosse al punto giusto, riservato a poche elette. La realtà, per noi povere mortali, prevede denti segnati di rosso e labbra a macchia di giaguaro.

Quando acquisti un rossetto rosso, pensi immediatamente: con questo lo conquisto. Mi presento con due labbra rosse così, ogni tanto faccio finta di mordicchiarmi il labbro inferiore e la serata è fatta.

Mai pensiero è stato più sbagliato: avete mai provato a baciare con un rossetto rosso? Se sull’uomo, le tracce del vostro rossetto, lo faranno apparire come un gran Don Giovanni  (non è un caso che ci sono pagine e pagine di libri e scene e scene di film che trattano l’argomento: uomo e macchie di rossetto) su di noi, quel rossetto, verrà spalmato su tutta la faccia, provocando l’effetto “ho sbattuto la faccia in un piatto di pasta al pomodoro”.

Quando acquisti un rossetto rosso, non tieni conto che, anche mangiare o bere diventa un’impresa difficile, subito si palesa il dilemma: mangio, rovino il rossetto, vado in bagno a ritoccarlo, rimangio, rovino il rossetto, ritorno in bagno a ritoccarlo e così per tutta la serata o dico che non ho fame e sono fantastica per tutta la sera?

Bene, quando sono arrivata a pormi questa domanda davanti ad una tazza di cioccolata calda, ho fatto la mia scelta: ho preferito la cioccolata che, diciamocelo, è anche più afrodisiaca del rossetto rosso

Lucio Dalla, Bologna e me – cronaca di una conoscenza già annunciata

Prima del 2012, per me Lucio Dalla era uno dei tanti bravissimi cantautori italiani ma non ero una sua fan. Non conoscevo tutte le sue canzoni a memoria o ascoltavo spesso i suoi brani. Avevo lasciato quel ruolo a mia sorella. Ricordo ancora che, in quella prima settimana di Marzo, abbiamo ascoltato Dalla per intere giornate, tutti i giorni ed ogni canzone iniziava e finiva con Aurelia che diceva: come faremo senza altre sue canzoni!

Vidi i funerali di Dalla in televisione, ma non per mio spiccato interesse ma un po’ per curiosità e un po’ perchè mia madre e mia sorella erano davanti la tv. Vedevo una piazza, dei colli lontani e dei portici come cartoline di un luogo a me sconosciuto e che forse, un giorno, avrei visitato da turista (mia sorella per anni mi ha detto “Bologna è la città giusta per te” ed io ogni volta le rispondevo “ma non so…Bari è la mia città, però un giorno ci andiamo”).

Mentre vedevo quelle immagini pensai ad un ragazzo, un certo Lorenzo di Bologna, mi dissi “chissà dove sarà, chissà se è anche lui in mezzo a quella folla o come me è davanti la televisione, a guardare la sua città dall’alto”. Ricordo di aver mandato un messaggio a quel “Lorenzo di Bologna” e d’aver scoperto che non era in piazza Maggiore, non era davanti la tv ma stava comunque guardando Bologna dall’alto; la guardava da San Luca, si era fermato prima di un giro in moto tra i colli bolognesi.

A Marzo 2012, non avrei mai pensato che dopo pochi mesi Bologna, Lucio Dalla e quel Lorenzo in giro con la moto per i colli, sarebbero diventati a me così tanto familiari che avrei iniziato a vivere tra Ba e Bo.

Se la “sdraiata” fossi io?

Stanotte ho finito di leggere “Gli sdraiati” di Michele Serra. Senza molte difficoltà, in pochi giorni, sono arrivata alla fine del libro.

Non sono ancora genitore e non ho un’età così lontana dall’adolescenza che mi fa dire con serenità “eh ai miei tempi!”; eppure più mi addentravo nella lettura e leggevo delle difficoltà di MicheleSerraPadre, più mi sentivo empaticamente vicina a lui.

Mi sono chiesta “perché?”: perché mi sentivo lontana dal figlio e vicina al padre. Ho ripercorso con la mente i quindici giorni trascorsi a scuola come Prof; ho ricordato le lunghe chiacchierate con mia cugina, quasi diciottenne; ho ripensato a tutte le volte che, per strada, incrociando la “generazione degli sdraiati”, dico “eh ma noi non eravamo così, avevamo degli stimoli, parlavamo con le persone guardandole negli occhi e non attraverso una chat e per incontrar gente non andavamo su Facebook”. Mi sono scoperta genitrice di pensieri qualunquisti e stereotipati, gli stessi pensieri che spesso condanno e dai quali cerco di tenermi lontana.

Allora cosa mi è successo?

Pian piano che andavo avanti con la lettura e mi avvicinavo alla fine del libro, ho capito che i veri “sdraiati”, i veri immobili, siamo noi: fermi nel tentativo di entrare in contatto con un’età che non ci appartiene più. Noi “vecchi sdraiati”, veniamo presi dall’ansia di dover trasmettere, comunicare, trasferire, parlare, far apprendere la “bellezza del mondo”, “la bellezza della vita”, “la bellezza delle cose che ci circondano”, “la bellezza della realtà reale”. Oggi forse, più dei nostri genitori, noi trentenni e qurantenni, temiamo che la miriade di sensazioni e di esperienze vengano inghiottite dal  virtuale. Temiamo di lasciare in eredità il nulla, senza lasciare traccia; cerchiamo conferme del contrario da chi ci fa da specchio con il futuro, senza renderci conto però, che la crescita, per tutte le generazioni, è proprio dietro l’angolo, dobbiamo solo aspettare pazientemente che faccia il suo percorso e arrivi.

I Maya avevano ragione…o forse no

Un anno fa i Maya ci davano per spacciati, invece sono passati altri 365 giorni da quel famoso 21 Dicembre. Dire che non siamo “morti” e “risorti” più di una volta durante quest’anno, sarebbe una bugia.

Il “mondo è finito” quando, sono morte cinquecento persone nel Mare Nostrum, cimitero galleggiante di anime. Il “mondo è finito” quando, abbiamo iniziato a confondere, la voglia di reagire con la violenza fine a se stessa e quando la politica, per noi, ha cominciato a far rima con qualunquismo. “Il mondo è finito” quando, diecimila cuori, hanno smesso di battere nelle troppo lontane Filippine. “Il mondo è finito” quando Napoli, troppo spesso trattata come “una carta sporca”, ha perso la nostra “Città della Scienza”

Il mondo è “risorto”quando, abbiamo rimesso al centro dei nostri discorsi parole come “integrazione, solidarietà, stato sociale”; quando abbiamo capito che, anche l’uomo più potente al mondo, non è una divinità e non è sempre vero che “morto un  Papa se ne fa un altro”. “Il mondo è risolto” quando, abbiamo abbandonato pc, tablet, smartphone, per guardare la cometa ISON, sperando che continuasse a vivere, dopo la lotta contro il gigante Sole.

Il “mondo continua” quando, tutti i giorni, facciamo in modo che sia il nostro Capodanno

“E’ evidente che la gente è poco seria quando parla di destra e sinistra”

In un Paese fatto di “santi, poeti, navigatori, allenatori di calcio e presidenti del Consiglio”, ogni giorno un “cittadino semplice” si sveglia e attraverso tutti i canali comunicativi a sua disposizione, Facebook, Twitter, LiknedIn, WhatsApp, segnali di fumo, piccioni viaggiatori e aerei con messaggi di berlusconiana e cettolaqualunquiana memoria, comunica al mondo la sua formazione politica e si colloca in un gruppo, per distinguersi o uniformarsi, dipende dai punti di vista.

I forzaitalianini, non più pidiellini (distinzione obbligatoria dopo la scissione del PDL), vestono bene: gli uomini in giacca, cravatta e mocassini; le donne – post buonga-bunga – in abitini bon ton per dimostrare che oltre le gambe c’è…lo shatush. Tutti i fan di B hanno spiccato accento milanese, anche se sono nati e cresciuti a Ladispoli; amano un solo ed unico Dio fatto di phard e parrucchino; “vedono la gente comunista”, “vedono la magistratura comunista”, “vedono i giornalisti comunisti”, “vedono i comunisti” e non amano le intercettazioni. I forzaitalianini hanno l’hobby dell’ornitologia: i volatili preferiti sono falchi, papagalli e colombe.

I grillini, nuova specie di elettori italiani, vestono un po’ come vogliono, spesso casual e vanno dal parrucchiere solo e dopo se uno dei due capi capissimi permette loro di farlo, cosa che succede a scadenza decennale. I “cittadini attivi”, non hanno una fede politica ma credono in una religione politeista con a capo un essere mitologico a due teste. I grillini vedono “comblotti” ovunque; combattono la ka$ta; temono le scie chimiche. Sono attenti alle pari opportunità: lottano per i diritti delle sirene, creature marine affascinanti e per i microchip bene comune. Ogni “cittadino attivo” ha una speciale abilità: sa come alternare i punti esclamativi al numero 1, per dare più enfasi ai concetti espressi. L’uso di tutti i social network è alla base della religione grillina.

Infine ci sono i piddini, sempre giovani, guardano alla Obama Style (oh yheaa) per il loro outfit quotidiano, fatto di maniche arrotolate e pantaloni classici o adottano un look dandy, capelli in ordine, riga al lato e mai abiti dai colori troppo forti. Nessun piddino è radical chic, significherebbe essere troppo di sinistra e loro invece, con la faccia da bravi ragazzi, cercano d’essere moderati: di sinistra ma non troppo, di cambiamento ma non troppo, giovani ma non troppo, schierati ma non troppo. Non hanno un unico leader ma tanti, anche troppi e tutto è deciso così democraticamente che fanno scegliere la sorte del proprio partito ad altri